Legambiente FVG condivide la contrarietà di Confagricoltura al progetto di parco fotovoltaico nella zona Aussa Corno. Non si può produrre energia da fonti rinnovabili e nel contempo consumare una significativa superficie di suolo fertile che è una risorsa scarsa. L’Impermeabilizzazione e consumo di suolo pro capite ha raggiunto nel 2018 572 m2/ab a fronte di 382 m2/ab media nazionale (Ispra, 2018) e ci pone ai primi posti in Italia. Legambiente però non chiude al fotovoltaico in agricoltura.
La sfida climatica richiede uno sforzo eccezionale, inedito. Per traguardare gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas serra al 2030 (-55% delle emissioni emesse nel 1990) e la successiva neutralità carbonica bisogna risparmiare ed “efficientare” tecnologie, processi e comportamenti e produrre molta energia da fonti rinnovabili. Significa quintuplicare, su base nazionale, la superficie fotovoltaica al 2030.
La quota di energia elettrica da fonti rinnovabili sul consumo interno lordo di energia elettrica (Terna Spa, 2018, %) si pone anche qui ad di sotto della media nazionale.
Tetti di case, capannoni, parcheggi, serre, aree militari dismesse, scarpate autostradali, parchi ferroviari sovradimensionati… rimangono la prima opzione, ma non sono sufficienti. La proposta è integrare il fotovoltaico nella gestione dell’impresa agroecologica, qualora questa integrazione, assicuri e vincoli l’azienda agricola a non disperdere la sua base produttiva, avvenga senza consumo di suolo e generi valore ambientale, economico e territoriale.
Le esperienze, in particolare di Piacenza e Mantova (87% di risparmio del suolo), mostrano come sia possibile unire l’agricoltura e l’innovazione tecnologica, anche digitale, per rendere il produttore “prosumer” (produttore-consumatore), che si emancipa dalla dipendenza energetica.
Il valore ambientale può avere diverse connotazioni oltre alla produzione di energia da fonti rinnovabili, senza consumo di suolo. Ad esempio: il mantenimento e potenziamento dei servizi ecosistemici (es. fasce tampone permanenti destinate alle produzioni mellifere, riduzione del carico inquinante reso possibile dalle economie generate con la solarizzazione, ripristino/consolidamento di colture estensive, orticoltura…).
Va da sé che l’agrivoltaico sarà possibile nelle aree non di interesse paesaggistico, limitato a soglie massime di copertura e dovrà soddisfare requisiti tecnici per ridurre l’impatto paesaggistico.
Questa proposta è alternativa a soluzioni basate (come in Aussa Corno) sull’uso del suolo agricolo per installare monocolture fotovoltaiche a terra.
Legambiente chiede inoltre alla Regione di mappare, con metodo partecipato nella definizione dei criteri, le aree dove è possibile la produzione di energia fotovoltaica e fungere da apripista tramite l’ERSA di un importante progetto, dove produzione energetica rinnovabile, la promozione della biodiversità e le coltivazione / allevamenti bio si integrano con efficacia e circolarità. Insomma una agricoltura 2030 che integra nei modelli colturali la risposte alla crisi climatica in essere e la perdita di servizi ecosistemici.