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“Oggi ogni nuovo investimento nel gas naturale è una sottrazione di risorse alle transizione energetica, alle fonti rinnovabili e a scapito dello sviluppo economico e del futuro del nostro paese.”

Questa breve frase, contenuta nel documento: “Osservazioni alle integrazioni al progetto di modifica della centrale termoelettrica di Monfalcone”, che Legambiente ha trasmesso al neo costituito Ministero per la Transizione Ecologica, è già una sentenza che esprime la netta contrarietà al progetto di riconversione a gas naturale di A2A. Le integrazioni non affrontano il problema di fondo, cioè l’assoluta necessità di imprimere una svolta al modo di produrre energia in Italia, concentrando intelligenze e risorse, in modo esclusivo, verso quella transizione ecologica in merito alla quale si spendono fiumi di parole senza adottare concretamente i provvedimenti necessari per affrontare la crisi climatica.

Legambiente sostiene che si debbano escludere nuove realizzazioni di centrali a gas naturale, evitando, allo stesso tempo, operazioni di dubbia efficacia come quelle di addizionare il gas con percentuali di Idrogeno che, nel caso di Monfalcone, sembrano più un tentativo di acquisire un’accettabilità a livello politico e sociale che un reale e credibile progetto. Infatti non c’è nessuna garanzia che si tratti di idrogeno verde (prodotto da fonti rinnovabili), unica fonte davvero idonea alla decarbonizzazione, ed oltre al protocollo di intesa con Snam, non c’è alcun impegno certo per la graduale miscelazione di gas metano e idrogeno per l’alimentazione dell’impianto: tutto il processo sembra avere una prevalente valenza propagandistica.

Andando nel merito, si fa notare come il parco di generazione elettrica a gas sia, nel nostro Paese, decisamente poco sfruttato, con appena il 37% della potenzialità, decisamente troppo poco per giustificare la necessità di realizzare 5,4 GW aggiuntivi di nuove centrali a metano come ipotizzato dal Ministero.

Si mette in evidenza che il rendimento dichiarato dell’impianto (oltre il 62%) costituisce un valore puramente nominale, riferito ad un gruppo turbogas nuovo ed operante in condizioni di esercizio ottimali, non certo realistico per un impianto operante prevalentemente in carico parziale e in modalità di inseguimento della domanda e del carico sulla rete elettrica, per cui soggetto a continue variazioni di potenza che ne ridurranno in modo significativo l’efficienza.

Legambiente ricorda che il gas naturale ha un potere climalterante di almeno 35 volte superiore alla CO2, e che le attività di estrazione incidono pesantemente sulle emissioni globali. Le previsioni di funzionamento almeno fino al 2050 di queste centrali sposteranno non soltanto l’obiettivo italiano di decarbonizzazione di anni, ma anche i fondi necessari allo sviluppo delle rinnovabili, dei sistemi di accumulo, di nuove reti, di politiche di efficienza; per queste ragioni, nessuna centrale a ciclo combinato può ritenersi utile alla battaglia contro l’emergenza climatica.

In relazione al dichiarato impegno dell’azienda in favore delle rinnovabili e di sistemi innovativi energetici, si fa notare che i 1,4 MW di pannelli solari sulle coperture siano uno sforzo del tutto marginale rispetto al gas, in termini sia energetici che di investimento.

Legambiente contesta anche la dichiarata previsione di esercizio dell’impianto per 6000 ore/anno, giudicandola illusoria e poco realistica ipotizzando che il progetto potrà recuperare l’investimento solamente attraverso il meccanismo di incentivazione del cosiddetto “capacity market”, scaricando il relativo costo sui consumatori italiani.

Altre osservazioni riguardano il metanodotto per il quale le integrazioni proposte non modificano il fatto che l’opera, che attraverserebbe le colline carsiche scavando trincee su un territorio estremamente delicato, è in contrasto con il comma 8 dell’art. 23 del PPR. Per tale motivo, si chiede di orientarsi, se il progetto dovesse superare l’iter autorizzativo, verso l’alternativa A, delle due proposte da A2a a seguito delle obiezioni di enti e associazioni al tracciato di progetto, che impatta in misura minore sulle zone umide e aree boscate del Carso, e riduce la probabilità di intercettare ulteriori siti archeologici lungo quel tragitto.

Pare privo di logica che venga dichiaratamente ignorata l’istituzione, attualmente in fase istruttoria, del Biotopo tra la S.S. 14 e il canale Tavoloni; il fatto che ci sia un’istruttoria in corso per l’istituzione di un biotopo non significa che si può approfittare del fatto che ad oggi non ci siano prescrizioni, anzi significa che il luogo è riconosciuto di interesse ambientale e che merita una forma di tutela.

Manca, in corrispondenza dei punti di attraversamento stradale del metanodotto, la creazione di sottopassi con barriere fisse di invito per la piccola fauna, specialmente anfibi, permettendo il transito in sicurezza di individui giovani ed adulti.

In sostanza, una bocciatura su tutta la linea di un progetto che guarda ancora decisamente al passato, senza porsi alcun traguardo di sostenibilità, né a livello territoriale, né sul piano più ampio di una transizione energetica che non può più far ricorso ai combustibili fossili.

Legambiente del Friuli – Venezia Giulia APS

Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” APS Monfalcone